Racconto di una vita vagabonda

Durante il viaggio di andata verso Torino mi sono immerso nei miei pensieri leggendo il solito libro che assaporo poco a poco, quello che narra le avventure di un giovane 27enne che viaggia alla scoperta del mondo, senza aerei, portando con se solo il necessario.

Il penultimo weekend insieme a Diana è andato, c’è stato un ultimo  scambio di pensieri, quelli che solo noi possiamo comprendere e percepire allo stesso modo.

Durante il viaggio di ritorno il mio libro è rimasto di proposito rinchiuso nello zaino ingombrante; ho preferito ascoltare le storie di un viaggiatore reale, percepirne il suo odore e vederne i risultati sul suo corpo. Il dialogo con questo ragazzo è iniziato casualmente, mi ha chiesto se il controllore era già passato, gli ho risposto di no, poi mi sono voltato facendo finta di nulla. Timoroso, non sapevo se aprire un dialogo con lui. Poi mi sono fatto coraggio -notare quanto sia difficile cercare di fare la cosa più semplice al mondo, ovvero relazionarsi con gli sconosciuti- e gli ho domandato se stesse viaggiando verso Milano centrale.

Gli ho raccontato di esser stato incuriosito dal suo zaino veramente ingombrante, dalla sua tenda, dalle pentole appese allo zaino, spigandogli di esser affascinato dalla libertà così a me lontana.
Ha iniziato, con espressione rilassata e solare, a raccontarmi di lui: lavora come tatuatore durante il periodo invernale per racimolare qualche soldo per poi usarlo per i suoi viaggi estivi. Questo per lui è il primo viaggio in solitudine, mi ha confermato che in coppia ci si relaziona diversamente con le altre persone.
Mi ha parlato della sua percezione del tempo, lui non ha orari o regole, ha tutto il tempo che vuole, e questo ritmo non lo rende per nulla stressato.
Ha viaggiato in passato girando tutta Italia, ed è appena tornato da un viaggio in Sardegna, dalla Valle della luna, dipingendomela esattamente come me la immaginavo: un posto ricco di viaggiatori sempre in festa. Il suo primo viaggio l’ha portato casualmente in una comune, mi ha raccontato che alcuni comuni sono decisamente estremisti, anche dal punto di vista dell’alimentazione, altri molto più tolleranti e aperti. Tutti però molto ospitali.
La sua nuova meta è la Croazia, verso un festival di nome LostTheory, ma non sa bene come raggiungerlo.

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Non ama pianificare le cose, perché, mi spiega, le cose migliori vengono proprio dal nulla, e come dargli torto: ha trovato me con un iPhone pronto ad indirizzarlo verso la sua meta, ovvero a Deringaj.
Lui riesce a continuare a guadagnare qualcosina svolgendo spettacoli col fuoco, o facendo qualche braccialetto artigianale col riso.

Tra un tuc e l’altro mi racconta che è pazzesco come abbia salutato e rincontrato casualmente alcune persone conosciute durante il suo viaggio. Probabilmente le mete europee sono spesso le stesse. Mi racconta, in risposta ad una mia affermazione, che preferisce non godersi la pensione da vecchio piuttosto che non godersi la gioventù, chissà se ha ragione. Mentre parla noto sulle sue mani i segni della natura, mi spiega che si tratta di un brutto incidente capitato proprio in Sardegna, mi racconta tutto sempre rigorosamente col sorriso. Decido di regalargli i tuc, mentre mi spiega che il suo sogno è stato alimentato dal film Into the Wild, che prima o poi guarderò anche io.

Tra una battuta e l’altra sulle bacche selvatiche, gli chiedo il suo nome.

Lui è Leandro, originario di Roma. Ma il suo nome è veramente secondario, l’ho già dimenticato. Mi ricorderò di lui per la sua persona.
Mi chiede un euro, senza troppi giri di parole, e gli e lo lascio, mi abbraccia e ci salutiamo.

Ho avuto modo di leggere -ascoltare- un bel capitolo extra del mio libro.
Grazie

Invio, pubblico, chiudo.